| Tessera del tifoso, le ragioni del no
La Tessera del tifoso, contestata dal movimento ultrà, dovrebbe essere obbligatoriamente introdotta a partire dalla prossima stagione. Il contesto non è affatto pronto. Troppe le norme da rispettare per introdurlo. Troppo poco il tempo per approntarle tutte, specie in una fase di drammatica crisi economica che potrebbe mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di molti club. Saggio sarebbe rinviare tutto a tempi migliori.
Il movimento ultrà si oppone all’introduzione della Tessera del tifoso. Uno strano marchingegno burocratico che si inserisce nel peggior solco della tradizione italica, peraltro ancora in via di elaborazione e rodaggio. Nonostante ciò, dalla prossima stagione si vorrebbe imporlo a tutti i club professionistici. Dovrebbe infatti essere esteso agli eventi di serie A, di serie B e di Lega Pro (Prima e Seconda Divisione). Anche Mario Macalli, presidente della Lega Pro, ha aderito a questa iniziativa voluta dal Ministero dell’Interno, dall’Osservatorio e dal Casms. Onestamente, e al di là di ogni altra ragionevole obiezione, non si riesce davvero a capire come la rigorosa normativa che sottende alla tessera potrà essere applicata ai fatiscenti impianti su cui giocano le novanta (90!) squadre di terza e quarta serie. Le ragioni del no urlate dal movimento ultrà sono molteplici e, a nostro parere, tutte ampiamente condivisibili. I tifosi hanno la certezza di essere schedati. Ma, soprattutto, non accettano la regola che quanti siano incappati in precedenti da stadio (ovvero condannati al Daspo negli ultimi cinque anni) rimangano esclusi dalla possibilità di accedere al do*****ento. In effetti appare chiaro come un provvedimento di tipo temporaneo assumerebbe, in questa prospettiva, il carattere di una “bollatura” a vita. Senza contare che nulla di simile si ritrova in nessuna altra forma di spettacolo in Italia. E il calcio, fino a prova contraria, è uno degli eventi più seguiti nell’ex Bel Paese. Se non, in assoluto, il più seguito. Le obiezioni non si fermano qui. Va detto che, allo stato, la realtà è drammaticamente in ritardo rispetto alla rapidità con cui la tessera del tifoso si vorrebbe introdurre. Infatti sono solo due i club che hanno già istituito il do*****ento, ovvero l'Inter e il Milan. Con risultati non certo eclatanti, a dirla tutta. Tutte le altre società sono ancora (mostruosamente) indietro. Anzi. Sono in preda a una crisi di nervi rispetto alle tante incombenze che il provvedimento comporta, soprattutto a livello di modifiche logistiche degli impianti. Il che rappresenta un grosso (impossibile) ostacolo da superare, come abbiamo accennato, soprattutto per i club di terza e quarta divisione. Che sono addirittura novanta (90!) e non si vede come potranno arrivare, in contemporanea, a tagliare questo (improbabile) traguardo. La maggior parte delle società di serie A e serie B se ne sta dunque alla finestra. Per non parlare di quelle di Prima e Seconda Divisione. Proprio nessuno pensa a mettersi in movimento in questa direzione. Anche perché, al momento, incombe una crisi finanziaria dai contorni drammatici. Che potrebbe dar vita a uno tsunami devastante per il già debole sistema calcio italiano. Le esigenze attuali sono quelle di far quadrare i bilanci e di riuscire a iscriversi. Impresa già di per sé titanica se si scorre, nella cronaca sportiva più attenta e meno legata alle squallide vicende “gossippare”, il numero di club a rischio di estinzione. Con piazze ansiogene che fanno pressione e sindaci impegnati a fare qualcosa (qualsiasi cosa) pur di salvare le maglie. I tempi in vista del prossimo campionato - la serie A parte il 23 agosto, la serie B il giorno prima e la Lega Pro deve ancora decidere - sono talmente ristretti che non lasciano spazio ad alcuna speranza in questa prospettiva. Davvero la realtà supera ogni fantasia. Non c’è il tempo per avventurarsi in arzigogoli burocratici troppo complessi e che allontanerebbero altro pubblico da stadi già desertificati. Altro che tessera del tifoso. L’invito pressante a chi ha (liberamente) deciso di occupare le stanze dei bottoni, e continua a premere per adottare un provvedimento alieno rispetto alle concrete possibilità di realizzarlo da parte di un contesto allo sbando, è di fermarsi. Presto, che è tardi. Ben altre sono allo stato le emergenze del calcio italiano.
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